Terzo atto del ciclo Figli di una Bollicina Minore, che quest’anno fino ad oggi ha visto la presenza di oltre settanta partecipanti fra appassionati bubbles lover ed operatori del settore, dal titolo “Terreni: Argille, Sabbie, Calcarei e Vulcanici”. Il suolo è parte integrante ed essenziale del concetto di terroir che, unito al microclima ed alle altre caratteristiche dell’ambiente, consente di ottenere vini unici e irripetibili altrove. E’ noto che le varietà delle vigne, ed in particolare del loro apparato radicale, siano scelte in base alla migliore integrazione della pianta con uno specifico territorio al fine di permettere l’assorbimento di minerali e degli altri componenti necessari a nutrire il frutto in maniera ottimale. Fra le varie tipologie di terreno della serata, l’elemento conduttore è stata l’argilla che come sappiamo ha la funzione di regolamentare nel tempo il conferimento dell’acqua e degli elementi concimanti naturali e non alle radici della pianta. Funzionando come una spugna occorre che non si imbeva troppo per “annacquare” il frutto o peggio far marcire la pianta o che non sia troppo compatta rendendo impermeabile il terreno danneggiando le radici ed il microcosmo di organismi necessari alla giusta evoluzione della pianta.
L’argilla miscelata con altre composizioni come sabbie, crete e calcari, ha dato il suo imprinting al gusto del vino in maniera molto diversa. Dai terreni argillosi o con grande prevalenza di argilla si ottengono vini carichi di colore con buon corredo olfattivo e tenore alcolico, morbidi e longevi: facile ipotizzare l’allevamento di uve rosse simili terreni. Da mix calcareo – argillosi si ottengono vini di grande qualità; da quelli a prevalenza di sabbie, molto drenanti, si ottengono vini scarichi di colore e deboli di struttura, con buona freschezza e fragranti, ma di scarsa longevità. Discorso a parte per i prodotti allevati su territori vulcanici. E’ opinione diffusa di enologi ed agronomi che la sensazione organolettica della mineralità, associabile ad una freschezza filacciosa, non derivi dai minerali che la vite assorbe dal suolo ma da certi composti solforati in forma ridotta che si sviluppano in funzione del varietale e della sua maturazione. Noi non abbiamo titolo per confutare questo indirizzo, resta il fatto che i vini proveniente dalle due zone vulcaniche sono risultati quelli con la caratteristica minerale maggiore. Gli otto campioni in degustazione sono stati ordinati, come di consueto, per tempo di sosta sui lieviti per cui l’ordine di servizio è stato:
DOC Lugana: Cascina Le Preseglie, “Ishvara”, Brut s.a. Turbiana 100% (Argillo Cretoso)
Toscana: Tenuta Mariani, “Segreto”, Brut 2012, Pn 80%, Ch 20% (Argillo Sabbioso)
DOC Etna: Nicosia,”Sosta Tre Santi”, Brut 2011, Nerello Mascalese 100% (Vulcanico)
Lombardia: Ca’ dei Frati, “Cuvée dei Frati” Brut 2011, Turbiana 90%, Ch 10% (Argillo Calcareo)
Lombardia: Cobue, Brut s.a, Ch 100% (Argillo Calcareo)
DOC Lessini: Sandro de Bruno, Brut s.a., Durella 85%, Pb 15% (Vulcanico)
Umbria: Tenuta Decugnano dei Barbi, Brut 2009, Ch 50%, Pn 50% (Argillo Sabbioso)
Emilia Romagna: La Tollara, Brut 2009, Ch 100% (Argillo Sabbioso)
DOC Lugana: Cascina Le Preseglie, “Ishvara”, Brut s.a. Turbiana 100% (Argillo Cretoso)
Interessante questo prodotto che è stato chiamato con il termine sanscrito traducibile fra l’altro come “comandare”, “possedere”. Il prodotto in effetti è “maschio”. Brillante giallo paglierino con buona produzione di schiuma alla mescita e discreto perlage nel bevante. Naso di impatto e abbastanza variegato. Apre con note di frutta a pasta bianca di mela cotogna supportato da un piacevole agrumato riconducibile a sensazioni di pompelmo. Chiude con accenni di tostature che strizzano l’occhio a prodotti di pasticceria secca. Alla beva la bollicina esplode in bocca, forse un po’ troppo irruenta, contribuendo a dare struttura al vino. Giustamente equilibrato, il gusto del vino, trova un allungo dopo la deglutizione grazie ad una piacevole nota sapida polverosa che riporta alla mente il territorio ricco di argille, crete e limo in cui ci troviamo.
Toscana: Tenuta Mariani, “Segreto”, Brut 2012, Pn 80%, Ch 20% (Argillo Sabbioso)
Un concerto a quattro mani questo prodotto di casa nostra. Allo storico enologo Lamberto Tosi è stata affiancata la consulenza di Julian Gout enologo e produttore di champagne che ha suggerito l’utilizzo dei lieviti dell’Istituto Enologico dello Champagne di Epernay. Avevamo assaggiato questo metodo classico al suo esordio e devo dire che di anno in anno i miglioramenti si sentono. Giallo paglierino impreziosito da un elegante produzione di piccole bollicine fini e persistenti. Le sensazioni odorose sono delicate, riconducibili a frutta a pasta bianca come pera gialla, pungenti come la susina. In bocca la bollicina resta compressa nel liquido con un giusto grip sulla lingua. Equilibrato nelle sue componenti gioca più sulla freschezza che sulla nota sapida. Piacevole il ricordo dopo la beva.
DOC Etna: Nicosia,”Sosta Tre Santi”, Brut 2011, Nerello Mascalese 100% (Vulcanico)
L’azienda Nicosia è stata la prima a realizzare un metodo classico in veste bianca conforme al nuovo disciplinare di produzione della DOC Etna da quando sono stati inclusi gli spumanti con la rifermentazione in bottiglia. Questo vino “da muntagna” (come viene famigliarmente chiamato l’Etna) si presenta in una brillante veste gialla paglierina con un’ottima produzione di schiuma alla mescita. Ammaliante al naso con diverse sensazioni; fruttate fragranti di susina, speziate con un delicato pepe bianco, e piacevolmente tostate con un lieve accenno di ossidazione tipica dei prodotti d’oltrealpe. L’attacco in bocca è piacevole ed equilibrato; freschezza e sapidità sono ben integrate fra di loro e giustamente contrapposte al tenore alcolico. Dopo la deglutizione la nota sapida comanda la persistenza del gusto in maniera composta senza sbavature.
Lombardia: Ca’ dei Frati, “Cuvée dei Frati” Brut 2011, Turbiana 90%, Ch 10% (Argillo Calcareo)
Torniamo nella zona del Lago di Garda con questo prodotto che non ha bisogno certo di presentazioni essendo ben posizionato sul mercato. Al vitigno autoctono turbiana (trebbiano di soave) è stato aggiunto una piccola percentuale di chardonnay per aumentarne la rotondità. Nel bevante appare in brillante veste gialla paglierina carica con soffice spuma bianca in formazione alla mescita. Naso spostato più su sensazioni fruttate che agrumate, riconoscibile una pera verde, un accenno di frutti tropicali ancora acerbi ed una nota croccante di fieno essiccato. In bocca la percezione della bollicina un po’ fuori le righe; la schiuma prodotta si scolla troppo presto dal liquido facendo perdere il grip. Equilibrato sia in contrapposizione che in assonanza fra freschezza e mineralità.
Lombardia: Cobue, Brut s.a, Ch 100% (Argillo Calcareo)
Ci spostiamo a Pozzolengo, porta settentrionale delle colline Moreniche del Garda, territorio di grande fascino e suggestione, composto in prevalenza da argille, dove la macchia mediterranea si fonde con la vegetazione alpina. Il prodotto è accattivante alla vista in linea con i precedenti sia per brillantezza che perlage. Al naso, complice una temperatura di servizio restrittiva, i sentori sono difficili da trovare anche se si riconosce una sensazione di frutta bianca riconducibile e mela e pera. In bocca si cambia passo e dopo il secondo sorso si apprezza l’equilibrio basato sulle freschezze che si integra nella struttura del vino. Bollicina suadente priva di asperità che aumenta la percezione dura del prodotto senza sbavature. La persistenza è di tutto rispetto.
DOC Lessini: Sandro de Bruno, Brut s.a., Durella 85%, Pb 15% (Vulcanico)
Interessante questo prodotto allevato sul territorio vulcanico del monte Calvarina col sistema della pergola. Per mitigare l’irruenza acida della Durella il Pinot bianco viene fatto affinare in botte di rovere. Il risultato è apprezzabile soprattutto a livello olfattivo dove le percezioni sono intense e ben variegate. Apre con una nota minerale identificabile come iodio, supportata da sensazioni di tabacco Kentucky e fieno secco. Successivamente la pungenza vira su note più morbide di creme caramel fino ad arrivare ad un agrume dolce. Alla beva la bollicina è fusa nella struttura del vino ed il suo contributo dona quel grip piacevole al palato. La sapidità, percettibile, è apprezzata sopra tutto nel finale di beva che regala un allungo di classe alla persistenza gusto-olfattiva.
Umbria: Tenuta Decugnano dei Barbi, Brut 2009, Ch 50%, Pn 50% (Argillo Sabbioso)
Particolare questo Metodo Classico i cui vigneti sono impiantati su terreni sabbiosi ed argillosi, ricchi di fossili, posti a trecentotrenta metri di altezza. Il periodo di presa di spuma, nel campione in esame 60 mesi, avviene in grotte naturali a temperatura costante di 13°. Si presenta di un bel giallo paglierino carico, brillante con fine produzione di bollicine. Il naso è mediamente intenso e complesso. Apre con un frutto a pasta bianca maturo, riconoscibile una mela golden supportata da una trama fragrante di fieno secco ed un leggero accenno di wasabi. In bocca entra delicato, ma la sua sapidità e la bollicina croccante allargano bene la struttura del vino basata su fini durezze. Persistente dopo la beva, la sensazione del vino resta completa ed in equilibrio.
Emilia Romagna: La Tollara, Brut 2009, Ch 100% (Argillo Sabbioso)
I terreni su cui sono allevati le viti sono un equilibrato mix di argille, sabbie e limo che conferiscono eleganza al prodotto con cui chiudiamo la terza serata. Complice la lunga sosta sui lieviti, 62 mesi, la bollicina che attraversa il vino paglierino è fine e persistente, di ottima fattura. Al naso il bouquet è elegante con posizionamento su pomacee riconducibili a mela rinetta che lentamente evolvono in accenni di mentuccia e finiscono con una chiusura di caramella mou. In bocca si apprezza ancora una volta l’eleganza e l’equilibrio. Le componenti della struttura sono giustamente contrapposte e la fine bollicina scivola sulla lingua contenuta fra le stesse. Piacevole iol finale di bocca dopo averlo deglutito.