Come ormai tradizione, nel periodo antecedente le feste Natalizie, torna Figli di una Bollicina Minore che quest’anno ha raggiunto la quarta edizione. Cinque appuntamenti, ogni martedì fino al 13 dicembre, organizzati seguendo un filo logico all’interno delle molteplici e diverse bollicine che vengono prodotte nel nostro Paese. Come primo appuntamento ho scelto di proporre in degustazione prodotti derivanti da vitigni utilizzati normalmente per realizzare spumanti col metodo champenoise, vale a dire Chardonnay e/o Pinot Nero, in purezza ed in cuvée. Questo per “tarare” il livello qualitativo dei prodotti con le memorie storiche dei partecipanti alla serata. Invariata la regola di servizio che vede serviti prima i prodotti con minore permanenza in bottiglia rispetto a tiraggi più lunghi. Non sono mancate le piacevoli sorprese e le riconferme, quindi per chi non ha potuto essere con noi qui di seguito vi elenco il sunto di quanto degustato. A martedì prossimo…
Lombardia: Peri Bigogno, Brut 2013, Chardonnay 100%
L’azienda si trova a Castenedolo a poca distanza da Brescia e da Capriano del Colle, leggermente più spostata verso il Lago di Garda. Il territorio è composto morfologicamente da colline moreniche formatesi dopo il ritiro dei ghiacciai. La struttura del terreno è calcareo argillosa che dona vini di grande struttura.
Sembrerebbe un micro territorio dove produrre vino di qualità, invece a causa della elevata parcellizzazione dei vigneti, che li rende non più remunerativi, ed ai nuovi insediamenti, l’allevamento della vite ha assunto caratteristiche marginali. Solo pochi produttori, fra cui l’azienda Peri Bigogno, si battono per fare prodotti di qualità in questo territorio.
Iniziamo la serata dedicata a prodotti derivati da “I Vitigni Classici” con il loro Brut millesimato 2013, 24 mesi di sosta sui lieviti, o per essere più precisi sui lieviti esausti. Brillante giallo paglierino arricchito di fine perlage che sale nel bevante in maniera leggermente scomposta rispetto al classico treno di bollicine. Naso caratterizzato da un impronta di crosta di pane sotto al quale possiamo trovare con un po’ d’attenzione note floreali di biancospino, fiori di pesco fragranti e ricordi di frutta tropicale non perfettamente matura riconducibili ad ananas e kiwi. In bocca l’attacco è agrumato per poi virare su sensazioni fruttate coerenti col naso. La bollicina ben percettibile all’inizio tende a scomparire troppo velocemente lasciando il finale di bocca privo del necessario grip gustativo.
Sicilia: Funaro, Brut 2013, Chardonnay 100%
E’ la terza generazione che gestisce l’azienda familiare ubicata a Santa Ninfa in provincia di Trapani, con conduzione biologica, che può contare su 60 ettari vitati. Avevamo già degustato questo prodotto in una serata dedicata ai metodi classici siciliani di cui potete leggere qui.
Grazie alla disponibilità di Clemente Funaro, export manager della ditta, siamo riusciti ad inserire i due spumanti metodo classico in questa edizione. In degustazione stasera il brut millesimo 2013, sboccato a settembre 2016 con una maturazione in bottiglia di 24 mesi.
Brillante alla vista con un giallo paglierino pieno con riflessi satinati che ricordano il caldo sole siciliano. Perlage fine e persistente, ma come nel precedente campione poca verticalità nelle catenelle di risalita. L’impatto olfattivo è interessante con discreta massa riconducibile a sensazioni fruttate a pasta gialla in perfetta maturazione come pesca e papaia. Anche le sensazioni dei lieviti virano su prodotti di pasticceria anziché panetteria; i ricordi sono di pan brioches. In bocca, complice il tenore alcolico che segna 13°, la larghezza di gusto è più evidente, ma si assottiglia e bilancia durante la beva. La bollicina rotola e scivola via con troppa facilità, una maggiore persistenza avrebbe giovato al gusto.
Toscana: Colle Bereto, “Colle B”, Brut s.a., Pinot Nero 100%
Situata nelle dolci colline del Chianti, a Radda per l’esattezza, su terreni di Galestro – argilla scistosa – e Albarese – calcare marnoso l’azienda è ovviamente orientata alla produzione di vini rossi a base Sangiovese.
Dei 15 ha dedicati all’allevamento della vite, parte è dedicata al Pinot Nero che con il clone 777 dà vita, dopo una permanenza in bottiglia di 30 mesi, allo spumante metodo classico che abbiamo servito.
Di colore cipolla, brillante alla vista con numerose bollicine di pregevole fattura. Anche in questo caso la spinta del gas non è sufficiente e mantenere dritta la catenella di risalita. Naso di impatto che rimanda al corredo olfattivo tipico dell’uva di provenienza. Frutti rossi di bosco fragranti come fragoline, lamponi e ribes anche in versione nera con ricordi di cassis. In bocca entra muscoloso con una pregevole acidità caratterizzata da ricordi coerenti a quanto percepito al naso. La bollicina è integrata e rotola setosa sulla lingua pur mantenendo il giusto grip e pungenza per tutto l’assaggio. La chiusura di bocca è piacevolmente rugosa, grazie anche al terreno su cui sono allevate le vigne. Una maggiore persistenza gustativa avrebbe aumentato il piacere dopo la deglutizione.
Veneto: Opificio del Pinot Nero – Buvoli, “Tre”, Brut s.a, Pinot Nero 100%
Se fossimo in Francia questo vino prodotto in 2.000 esemplari rientrerebbe a pieno titolo nei “vin de garage” ed infatti i produttore, Marco Buvoli, ha preso spunto dai cugini transalpini per produrre sia le bollicine che i vini fermi, manco a dirlo tutti a base Pinot Nero.
Con una premessa del genere facile capire che in vigna si seguono dettami biologici dato che la filosofia di Marco è quella di fare vini che sfidano il tempo, infatti, come si può leggere sul sito aziendale “Spumanti giovani e buoni ce n’è tanti: perché farne un altro? Io sono un fondista, mi piace la gara lunga, la prova del tempo…” Abbiamo degustato il rosè “Tre”, tanti gli anni di permanenza sulle fecce, che possiamo considerare il level entry della produzione in quanto nelle successive versioni prodotte si arriva fino a dieci anni e mezzo.
Alla vista si presenta di un brillante color salmone affumicato con buon perlage di risalita. Naso particolare e intrigante: oltre le classiche sensazioni, mature, di mirtilli, frutti di bosco e cassis, si scopre una piacevole nota di foglia di tea nero e una successiva nuance di tostato, dovuta all’utilizzo di legni. In bocca entra e resta compatto fino alla deglutizione con un buon equilibrio ed una piacevole sapidità. La bollicina, cremosa, lavora in sinergia con la freschezza per mantenere vive le durezze e rendere piacevole la beva. Prodotto particolare che ha fatto discutere i presenti.
Lombardia: Lazzari, Brut s.a., Chardonnay 100%
La cantina Lazzari ha sede a Capriano del Colle, dove esiste un piccolo panettone al centro della Pianura Padana chiamato Monte Netto. Qui l’allevamento della vite ha tradizioni storiche, ma ovviamente le bollicine metodo classico sono l’ultima frontiera. Parlando con Davide Lazzari, (Paolo Ruffini per gli amici, se non ci credete andate a vedere qui), una delle colonne portanti dell’azienda familiare che dal 2016 ha conseguito la certificazione biologica, apprendo che questo chardonnay impiantato su terreni di argilla rossa sosta 42 mesi in bottiglia prima di essere avviato alla vendita.
I numeri sono da amatore: solo 1.500 bottiglie prodotte. Alla vista è di un brillante giallo paglierino carico con buona formazione di bollicine di pregevole fattura. Naso intenso e con una nota esplosiva di zafferano che la fa da padrone. Successivamente è possibile percepire sensazioni di frutta con riferimenti agrumati ed a pasta gialla. In bocca è di buona struttura con freschezza coerente con le sensazioni fruttate percepite al naso e piacevole chiusura sapida. La bollicina accarezza la cavità orale senza essere aggressiva. Buona la persistenza gusto olfattiva.
Lombardia: Fattoria Colombara, Brut s.a., Pinot nero 60%, Chardonnay 40%
La cantina, a conduzione familiare, si trova a sud del lago di Garda nel cuore delle colline moreniche Mantovane e dispone di circa 36 ha vitati. Le viti di Pinot nero e Chardonnay che compongono questo vino sono impiantate su terreni di origine morenico calcarea. Il metodo classico, prodotto in 7.000 esemplari, riposa in cantina per 48 mesi ed è stato sboccato nel 2015. Alla vista è accattivante.
Si presenta in una splendida veste paglierina carica con rimandi all’oro impreziosito da molteplici fini bollicine che si liberano nel liquido. Al naso risulta essere composto e non invasivo. Si percepiscono note di frutta disidratata, agrumi e frutti tropicali che sul finire virano su sensazioni mentolate; chiude con un accenno minerale. In bocca la freschezza è riconducibile ad una frutta matura; la bollicina bene integrata e morbida ci fa ipotizzare la maturità del prodotto. Piacevole la persistenza dopo la beva.