Siamo arrivati alla fine di questo percorso articolato in cinque serate che ha frantumato i precedenti record, segno tangibile di una crescente voglia di conoscenza di prodotti alternativi. Trenta i campioni degustati provenienti da terreni di ogni estrazione, derivanti da uve sia autoctone che tradizionali allevate sia in agricoltura tradizionale che biologica e biodinamica , con dosaggi dal brut a pas dosè. Oltre centoquindici i partecipanti con un aumento dell’80% sulla passata edizione, sessantacinque degustatori unici sono i numeri di questo successo. Desidero ringraziare quanti hanno partecipato e contribuito fattivamente alla riuscita della quarta edizione, quanti mi hanno stimolato ad arricchire le serate con vari tipi di “sabrage” e quanti si sono voluti cimentare nel provare. Rinnovo l’invito a chiunque ami le bollicine di ampliare i propri confini gustativi ed avvicinarsi a questo mondo in continua effervescente evoluzione. Come degna conclusione non potevamo che finire con i prodotti estremi, ovvero quelli che si rivolgono ai palati più avvezzi a degustare questa tipologia di vino. Non sono mancate le piacevoli sorprese anche questa volta. Continuate a leggere se volete saperne di più…
Toscana: Diegale, “Cuor di Cru for Oscar”, Pas Dosè s.a., Chardonnay 70%, Pinot Nero 30%
L’azienda di Alessandro Passerotti situata a Civitella Marittima ha una connotazione fortemente familiare. Il nome stesso è un acronimo del nome dei due primi nipoti DIEGo ed ALEssandro. I più attenti avranno subito capito che Oscar non può che essere il terzo nipote, nato dopo la creazione dell’azienda. L’aspetto grafico delle etichette, ben curate, sono appannaggio della moglie Paola. Le uve che formano la cuvée provengano da due appezzamenti selezionati appositamente. La produzione è in conversione Bio da due anni. Il prodotto degustato affina per 18 mesi ma in cantina stanno già sperimentando la versione a 36 mesi che uscirà a metà anno prossimo. Di colore giallo paglierino intenso produce una soffice schiuma di buona persistenza. Alla vista le bollicine non catturano l’attenzione, ma questo come si sa può essere colpa del lavaggio dei bicchieri. Naso con fragranti note di crosta di pane arricchite da una piacevole nota agrumata di pompelmo rosa, sul finire un accenno di frutta matura con accenni tropicali. L’attacco fresco in bocca è coerente con la nota agrumata percepita al naso. La bollicina è presente ed integrata, ma forse troppo delicata per essere una pas dosè. Una maggior permanenza sui lieviti dovrebbe garantire maggior grip.
DOC Val d’Aosta: Pavese Ermes, “Pavese XXIV”, Pas Dosè 2013, Prié Blanc 100%
Come promesso nella seconda serata, andiamo ad assaggiare il fratello maggiore sempre a base di Prié Blanc di cui potete leggere qui. Non sappiamo se sia solamente opera di Ermes o se suo figlio Nathan, che sta ancora terminando gli studi in Alsazia, abbia già cominciato ad affiancarlo, fatto sta che questa versione è più convincente. Prodotto in pochi esemplari, 1645 per l’esattezza, risulta essere un “Vino fantasma”, ma non per noi che siamo riusciti a versarlo nel bicchiere. Colore paglierino con evidenti riflessi verdolini a ricordarci che i vini di montagna esprimono caratteristiche dure. Dal bevante si levano diverse catenelle di bollicine verticali e con buona spinta. Al naso apre con note agrumate, supportate da una frutta matura come pera williams e mela golden, a completare un piacevole ricordo di erbe di montagna con accenni balsamici. In bocca la bollicina è definita, e ben integrata nel vino, giusto grip pur rimanendo rotonda al gusto. La freschezza predomina sulla sapidità, ma il divario diminuisce durante la degustazione tanto che alla fine fa la bocca rimane asciutta e quasi si percepisce uno spessore nella parte posteriore della lingua aumentando la persistenza gustativa. Per definire questa sensazione gustativa pensate ad un kiwi non perfettamente maturo che dona una piacevole freschezza agrumata con la sensazione tattile del frutto.
Emilia Romagna: Drei Donà, “Dosage Zéro Rosé”, Pas Dosè s.a., Chardonnay 60%, Sangiovese 40%
L’azienda, situata nelle colline romagnole, si estende su di una superficie di circa 23 ha. Le uve maggiormente allevate sono Sangiovese. Oltre al vino l’altro amore della famiglia sono i cavalli. A compendio della tenuta esiste un piccolo allevamento che ha regalato molte soddisfazioni alla famiglia Drei Donà. Alcuni dei vini prodotti portano infatti il nome dei cavalli che hanno vinto prestigiosi premi. Il prodotto degustato è l’ultimo nato assieme al Dosaggio Zéro in veste bianca. Alla vista si presenta di un tenue color petalo di rosa, produce un’abbondante schiuma alla mescita e le bollicine di risalita sono numerose al limite del fine. Naso delicato come il colore con ricordi floreali di rosa ed un accenno di ginestra, supportati da sensazioni fruttate di mela golden, uva fragola e melograno. Buona corrispondenza naso bocca specialmente per i frutti rossi. Dove pecca è sulla qualità della bollicina. Ancora non perfettamente integrata nel liquido scivola via senza partecipare alle sensazioni gustative, lasciando solo il vino sul finale di beva. Auspichiamo un maggior grip per dare più nerbo a questo puledro.
Piemonte: Marco Capra, “Seitremenda”, Extra Brut s.a., Pinot Nero 70%, Chardonnay 30%
Ho conosciuto Marco all’edizione FIVI del 2015 e subito siamo entrati in sintonia. Lui appassionato viticultore innamorato del proprio territorio e con la visione del rinnovamento ha subito sposato progetto Figli di una Bollicina Minore. Considerando l’esiguo numero di bottiglie prodotte, poco più di 5.000, ed il territorio di Santo Stefano Belbo fra Langhe e Monferrato, consacrato a ben altre produzioni, la curiosità era tanta. Prima di parlare del prodotto un plauso al packaging, che prevede in un cartone da sei bottiglie, sei etichette diverse ed una numerazione crescente da uno a sei sulle capsule. Le stesse si posso usare per il gioco di Seitremenda accluso nel cartone. Per la produzione del vino viene utilizzato solo il mosto fiore e dopo la prima fermentazione il vino rimane sui lieviti per sei mesi prima di essere utilizzato per la seconda fermentazione in bottiglia. Alla mescita è brioso, con una cospicua formazione di schiuma e lacrime sul bevante; non molto presenti le bollicine. Al naso è elegante. Sensazioni di piccoli frutti rossi del pinot nero, son facilmente riconoscibili con aggiunta di frutta a pasta bianca come nespole e pesche bianche, sul finire un accenno di burro di arachidi. In bocca è coerente col naso. Prima bocca che denota freschezza agrumata che poi passa a frutta acerba e chiudere con piacevole sapidità. La bollicina al gusto lavora egregiamente restando ben integrata nel vino fino alla deglutizione. Chiusura di bocca pulita ed avvolgente.
Veneto: Opificio del Pinot Nero, “Cinque”, Extra Brut s.a., Pinot Nero 100%
Chiudiamo l’edizione 2016 con il fratello maggiore di quanto assaggiato nella serata inaugurale che aveva stupito non poco i presenti. Anche in questo caso le pigne d’uva non vengono diraspate ma pressate col raspo e le vendemmie sono effettuate con selezionate raccolte parcellari. Il sapiente utilizzo di legni per ossidare i vini base e l’utilizzo di parte dei vini di riserva conservati col metodo Solera regala sensazioni ricercate, che presuppongono una buona cultura del degustatore. Il prodotto di stasera contiene otto vendemmie diverse ed un 15% di vino Solera. Colore carico alla vista leggermente satinato. Naso ampio giocato su note evolute di scorze di agrumi candite, uvetta passa, pan di spagna, concede qualche nota di vegetale secco, una piacevole caramella mou e chiude con ricordi di distillato. In bocca la struttura è imponente ma dinamica. Freschezza basata su frutta matura a pasta gialla in perfetto equilibrio con una sapidità quasi marina. Bollicina setosa e suadente che accompagna ed amplifica il gusto alla beva. La sensazione ossidativa ben condotta rende omogeneo gusto ed olfatto. Decisamente persistente il ricordo dopo la beva. Peccato ne esistano solo 1.000 bottiglie. Non oso pensare cosa possano essere le versioni superiori… Ma per queste c’è tempo.