Dopo il riuscito esperimento dell’anno passato, anche in questa edizione ho riservato una serata a chi produce. Sentirsi raccontare il vino con tutti quei risvolti che non si trovano né in rete né nelle brochure aziendali fa degustare il prodotto in maniera completamente diversa. Egoisticamente questa è anche la mia serata preferita perché la mia figura resta marginale e posso godermi le degustazioni. I prodotti erano di varie tipologie ed uvaggi. Da brut ottenuti con uve autoctone come la bersaglina o la spergola a brut ottenuti con i classici vitigni internazionali. Come di consueto siamo partiti da prodotti con permanenza inferiore, 36 mesi, per finire con quelli con permanenza maggiore, 60 mesi. La risposta dei partecipanti è stata in linea con le aspettative. Trenta fortunati avventori hanno preso parte alla seconda edizione. Fortunati perché ogni azienda partecipante ha presentato non solo il prodotto con cui era stata selezionata, ma ha portato un piacevole fuori programma. In altri termini dalle 5 bottiglie della serata siamo arrivati a berne 10. Mi scuso con chi ho dovuto escludere, ma come sapete il numero massimo di persone è necessario per rendere fruibile la serata. Spero che chi è rimasto fuori voglia partecipare all’ultima spumeggiante serata con una verticale da paura dell’Azienda La Piotta. Vi aspetto giovedì 12 dicembre.
Toscana: Gigli, Xb s.a., pds 30 sui lieviti, Massaretta o Barsaglina –
Brut s.a., pds 36 Massaretta o Barsaglina
Angelo Bertacchini, dopo esperienze commerciali nel mondo del vino decide di produrre il suo prodotto. Completati gli studi enologici, recupera i terreni dei nonni in provincia di Massa e comincia a lavorare al suo progetto. Sceglie un uva rara, la Massaretta (Barsaglina nella vicina lucchesia), recuperata grazie al coinvolgimento delle Università di Firenze e Pisa. Reimpianta i vigneti da zero. Dei 44 ettari censiti nelle alpi apuane ne possiede mezzo ettaro, e comincia la sua avventura. La Massaretta ha un’ampia invaiatura. Resta di colore verde fin quasi alla vendemmia conservando una potente carica acida. L’ideale per produrre spumanti. Sono necessari tre passaggi in vigna per raccogliere i grappoli alla giusta maturazione. Fermentazione spontanea in vasche di cemento per i vini base. Tiraggio con 24 gr litro per il metodo classico e 16 gr litro per il metodo classico interrotto (così come lo definisce Angelo) con lieviti selezionati. La versione MC ha il tappo a fungo, quella interrotta (in pratica ancora con i lieviti dentro la bottiglia) ha il tappo a corona. All’apertura la versione coni lieviti è più irruente ed occorre prestare attenzione nell’aprirla. Di colore rosa cerasuolo carico, più accentuato nella versione con i lieviti, produce una buona schiuma alla mescita. Profilo aromatico ancora non delineato incentrato su note fruttate di mela rossa con accenni ossidati, piacevole presenza di frutta secca, mandorla ed accenno di prodotti di pasticceria. L’attacco in bocca è inizialmente abboccato (per via dei lieviti), secco per il fratello. Abbastanza equilibrato e con piacevole chiusura sapida possiamo accompagnarlo ad antipasti non strutturati.
Toscana: Vallepicciola, “Perlinetto” Brut 2014, pds 48 50% Pinot Nero, 50% Chardonnay
Ritroviamo Alberto Colombo che fu presente anche alla prima serata produttori l’anno scorso. Vi ricorderete che stiamo parlando dell’ultima zona a sud del territorio del Chianti Classico: Castelnuovo Berardenga. L’azienda è focalizzata sulla produzione del Chianti Classico con una produzione totale di mezzo milione di bottiglie. Visto che alla proprietà piacciono le bollicine parte del pinot nero che normalmente viene vinificato in rosso viene utilizzato per produrre il Perlinetto. Il prodotto presentato quest’anno ha sostituito il Sangiovese a favore dello Chardonnay nella cuvée base. Decisamente un gusto più internazionale e ed elegante, ma procediamo con ordine. Splendente giallo paglierino alla mescita con soffice schiuma. Impatto olfattivo importante. Si sente che i terreni argillosi hanno dato il loro contributo. Si percepiscono note di fiori di tiglio ed accenni di ginestra. Seguono frutti a pasta gialla granulosa, mela rinetta e pesca disidratata, chiude con piacevole saporosità. Il primo sorso è ricco, avvolgente e di corpo. La bollicina è delicata e gioca un ruolo da protagonista nel gusto del vino. Deciso il ricordo dopo la deglutizione, aiutato anche da una fine nota minerale. Prodotto da tutto pasto… “gourmand” per dirlo alla francese. Il fuori programma dell’azienda è stato un Pinot nero 2015 in versione rosata. Non possiamo ancora dare un giudizio in quanto i campioni presentati sono ancora da sboccare in azienda, per cui la nostra è stata una vera anteprima. Non temete… avremo modo di approfondire il discorso.
Lombardia: Castello di Stefanago, “Ancestrale” Brut 2014 pds 48 100% Pinot Nero –DOCG Oltrepo Pavese “Cruasè” XB 2013, pds 60 100% Pinot Nero
Arriviamo in Lombardia, precisamente in Oltrepò dove incontriamo Castello di Stefanago. Ho potuto conoscere personalmente Giacomo Baruffaldi, titolare assieme al fratello Andrea dell’azienda, a Fornovo nell’ultima edizione di Vini di Vignaioli. Come molte aziende hanno una serie di referenze ampia e variegata. Sono rimasto subito rapito dalla filosofia produttiva degli spumanti. Produzione biologica, maturazione completa delle uve per ottenere gli zuccheri necessari ad innescare la fermentazione col metodo ancestrale. Tutto ciò si traduce in vini legati al territorio, o meglio vini che diventano il mezzo per esprimere il territorio. Il primo dei due campioni in degustazione non può fregiarsi della DOCG ma non ha niente da invidiare al fratello blasonato. Colore ramato con poco perlage alla vista ma di buona fattura. Profilo olfattivo non di massa ma di eleganza. Si percepiscono accenni di ribes ma anche nuances di mela cotogna al forno. Si integrano note di camomilla ed erba medica e fiori di nespola. In bocca la bollicina è sottile. Aiuta la freschezza, ma resta sempre in secondo piano. Come al naso anche in bocca si gioca sull’eleganza. Chiude con una piacevole nota sapida. Da posizionare in abbinamento ad antipasti. Più strutturato il fratello maggiore. Figlio del Pinot, stavolta in versione rosata. Color salmone brillante alla vista con bel perlage di risalita. Al naso la massa dei profumi prende una consistenza maggiore e la spinta si sente nelle nostre nari. I piccoli frutti rossi fanno da apripista. Fragoline di bosco vengono sostituite da accenni di susina acerba ed accenni di pompelmo rosa. Competa lo spettro una nota di caramella inglese e di speziatura dolce assimilabile ad un chiodo di garofano. La bollicina in bocca è setosa. Complice la struttura più importante fatica ad emergere. Fresco, sapido e con un buon equilibrio questo prodotto può accompagnare un pasto completo.
Emilia Romagna: Tenuta di Aljano, “Vigna al Vento” Brut 2013 pds 60 100% Spergola
Stefano Aljano introduce la sua azienda precisando subito che credono molto nel vitigno Spergola. Di origine antiche, ci sono riferimenti del 1100 ai tempi di Matilde di Canossa, fino al 2003 era stato confuso con un clone di Sauvignon. Esami del DNA hanno stabilito che si trattasse di un vitigno differente e quindi autoctono. Per anni è stata usata come uva da taglio per vini con scarsa freschezza, grazie alla sua innata acidità. Naturalmente è venuto voglia di provarlo a spumantizzare. L’azienda lo propone sia nella versione MC che Charmat. Più complessa e strutturata la prima, più fruttata e floreale la seconda. Stefano ha voluto farci assaggiare entrambe per farci toccare con mano quanto ci ha raccontato. La versione rifermentata in bottiglia ci appare con un colore paglierino, brillante non solo per la presenza delle bollicine, ma anche per la vividezza del colore. Lo spettro olfattivo apre con note di fieno secco, frumento, accenno di idrocarburo, molto tenue. Poi escono note agrumate di pompelmo, e fiori d’acacia. In bocca la freschezza la fa da padrone. Nonostante sia dosato con 7 gr. litro la salivazione è ai massimi livelli. La bollicina pungente aiuta la freschezza nel suo lavoro. Il finale di bocca è caratterizzato da un ricordo di mela verde, marker del vitigno, in piacevole integrazione con una nota sapida. Stefano ci ha spiegato che i 60 mesi è il termine massimo per ottenere queste sensazioni. Prove in azienda con tempi maggiori non hanno dato risultati migliori. Abbiamo chiesto se tempi minori donano più frutto al prodotto. In questo caso l’azienda preferisce proporre il prodotto in versione Charmat che ha le caratteristiche richieste e prezzi decisamente più contenuti. Abbiamo provato la versione in autoclave e vi posso assicurare che la mela verde che latitava al naso del MC qui prende tutto il suo spazio e caratterizza sia il profumo che il gusto.
Emilia Romagna, Cantina Valtidone, “Perlage” 2012 Chardonnay 80%, Pinot Nero 20%.
Quest’anno Antonio Montano della Cantina Valtidone ha voluto fare le cose in grande. Come al solito ha presentato in degustazione prodotti in formato magnum. Si è tornati alla cuvée di due anni fa rispetto a quella dell’anno scorso con predominanza di Pinot Nero. Il prodotto degustato non è figlio dell’attuale enologo Francesco Fissore, grande esperto di bollicine con esperienze lavorative in Oltrepò ed in una nota maison francese, ma ereditato dalla passata gestione. Avevamo già degustato questa cuvèe due anni fa, ma posso assicurarvi che l’ulteriore sosta sui lieviti lo ha reso molto più strutturato ed interessante. Alla vista è di uno splendente giallo paglierino. Oltre le catenelle di risalita, composte da piccole perle, è possibile apprezzare la collarette che si forma ai lati del bevante. Il naso è complesso e composto. Apre con note di frutta secca con ricordi di mandorla. Si apprezzano sbuffi tropicali di ananas maturo e papaia, frutta a pasta gialla matura come una susina e ricordi di fiori di zagara. Il sorso è avvolgente. Buona l’integrazione della bollicina che lavora in maniera sinergica con la freschezza. Accompagna tutto il gusto fino all’arrivo delle sensazioni sapide espresse dalle sostanze minerali di chiusura. Elegante, equilibrato e di carattere. Riprova ne è il conseguimento di un prestigioso riconoscimento di una delle guide più autorevoli in Italia. Chissà se allungando la sosta sui lieviti ancora qualche anno si possa ottenere maggiore finezza. Altra chicca fuori programma è stata la presentazione in anteprima a FBM del prodotto da me caldeggiato e anticipato due anni fa: il dosaggio zero. Cuvèe a base pinot nero (90%) con un’aggiunta di chardonnay (10%) ha sostato 40 mesi sui lieviti prima di uscire dalla cantina. Brillante alla vista con una intrigante tonalità di giallo che ammalia alla vista. Perlage fine e persistente. Naso di buon impatto ma ancora un po’ confuso nei riconoscimenti. Emergono i frutti rossi, disidratati, caratteristici del vitigno preponderante. Si percepisce un accenno di felce ed un ricordo di cedro. Un po’ di bottiglia dovrebbe affinare ulteriormente il profilo olfattivo. Al gusto è interessante. Piacevole corpo, dinamico e con buon grip della bollicina in bocca. Anche alla beva si sente l’irruenza della gioventù, ma che il tempo saprà domare. Credo che sia un cavallo sul quale scommettere.