Atto secondo del percorso di quattro serate dedicate ai metodi classici tutti da scoprire.
Anche questo appuntamento è stato impreziosito dalla presenza di una produttrice, Letizia Cossignani della cantina Cossignani L.E. Tempo, che ha sposato fin a subito il format FBM e per essere con noi si è sobbarcata un viaggio non indifferente .
La serata è stata un susseguirsi di prodotti unici, territori diversi, ma tutti affascinanti che hanno fatto parlare non poco i presenti.
Come potete vedere dalla foto il clima è stato gioioso e conviviale come si confà alle serate FBM, ma allo stesso tempo giustamente tecnico per chi ha voluto approfondire alcuni aspetti.
Vi ho incuriosito? Allora non dovete fare altro che continuare a leggere quanto abbiamo stappato ieri sera.
Come dite? Peccato di non esserci stati? Potete sempre rimediare prenotandovi per la serata di mercoledì 22 Novembre, ma non pensateci troppo perchèi posti sono limitati. Vi aspetto!
DOC Trento: Valentini di Weinfield, Brut Rosè s.a, pds 24, Chardonnay 50%, Pinot nero 50%
La cantina Valentini è una delle più antiche e prestigiose aziende produttrici di Trentodoc. La sua storia inizia nel 1899, quando Arminio Valentini, pioniere della spumantistica della Vallagarina, produce le prime bottiglie di “Champagne Valentini”. L’azienda fu anche fornitrice della Casa Imperiale d’Austria e addirittura insignita del titolo nobiliare “von Weinfeld” che ancora oggi è presente in etichetta.
Ora come allora la minuziosa attenzione ai dettagli è necessaria per ottenere vini di pregio. Oltre al terroir in zone incontaminate altri accorgimenti come lo svolgimento della fermentazione malolattica nelle “tulipe” consente di mantenere l’aggiunta della solforosa a livelli minimi.
Ma veniamo al prodotto. Il Valentini di Weinfeld Rosé Brut Millesimato è un blend di Chardonnay vinificato in bianco e Pinot Nero a contatto con le parti solide per qualche ora.
Lo avevamo già degustato in altra occasione. Per chi non se lo ricorda andate a leggere qui.
Le vigne che forniscono le uve, sono di alta collina della Vallagarina, tra i 450 e i 600 metri di altitudine.
Alla vista, si presenta di un tenue colore rosa che ricorda i fiori di pesco, molto sensuale. I “train de bulles” sono eleganti e diversificati, con diversi punti di enucleazione. Le bollicine fini e numerose.
Il naso è in linea con quanto anticipato alla vista. Percezioni delicate, sottili e fragranti. Il varietale del Pinot apre le danze manifestando piccoli frutti di bosco, fragolina, mirtillo e ribes. A seguire note di rosa ed iris avvolgono le mucose olfattive.
In bocca, il vino è dinamico. La vivacità della bollicina, integrata perfettamente nella struttura del vino, sorregge la spinta dell’acidità. Il sorso è gustoso con ritorni di quanto avvertito al naso. La bocca rimane pulita e fresca in attesa del prossimo sorso.
Marche: Cossignani L.E. Tempo, Extra Brut s.a. , pds 30, Pecorino 100%
Letizia e Edoardo Cossignani sono due giovani fratelli di Massignano, in provincia di Ascoli Piceno.
Edoardo lascia il ruolo di ufficiale sommergibilista mentre Letizia abbandona gli studi in giurisprudenza per dedicarsi alla terra di famiglia lasciata loro dal nonno Saturnino che già produceva vino fin dagli anni 40.
La loro azienda, poizionata a circa 5 km dal mare Adriatico, affacciati nella peculiare Val Menocchia, si estende su circa 20 ettari di vigneti, di cui 2 coltivati a Pecorino e Sangiovese, i vitigni autoctoni delle Marche.
La produzione è limitata a circa 10.000 bottiglie annue, tutte dedicate al Metodo Classico.
La filosofia di produzione di Letizia ed Edoardo è basata sul rispetto per la natura e per le tradizioni.
In vigna, la cura dei vigneti è improntata alla sostenibilità, con un uso ridotto di prodotti chimici e di lavorazioni meccaniche. In cantina, la fermentazione avviene in modo naturale, con lieviti indigeni selezionati da piante ritrovate all’interno dei vigneti.
La maturazione in bottiglia avviene per almeno 24 mesi sui lieviti, per conferire al vino complessità e struttura, nel caso del pecorino che abbiamo degustato si arriva a 30 mesi.
Gli sforzi fin qui fatti hanno valso ai due fratelli il premio “Spumante dell’Anno 2023” nella sezione Wine di Forbes, un elenco che raccoglie le 100 Eccellenze 2023.
Con queste premesse ci accingiamo a degustare questo pecorino in purezza.
Di un bel paglierino, di media intensità, si offre al naso con apertura posizionata su pomacee, mela Fuji e pesca tabaccaia, fanno capolino anche accenni di artemisia. Chiude con una sensazione speziata di pepe bianco, varietale del vitigno, messa in evidenza dall’uso corretto dei legni.
Alla beva è avvolgente, vibrante e sapido come si conviene ai vini prodotti con questo vitigno. Unica osservazione che mi sento di fare è la bollicina moderata che non supporta adeguatamente l’acidità. Personalmente arei preferito più grip, ma Letizia ci ha spiegato che fa parte della filosofia aziendale avere questa effervescenza non invasiva.
DOC Colli Orientali del Friuli: Le Caneve di Maniero – Le due Torri, Dosaggio Zero n.d., “Stargate”, pds 30, Chardonnay 60%, Ribolla Gialla 40%
Nella splendida cornice dei Colli Orientali del Friuli, a Corno di Rosazzo, si trova l’azienda vinicola Le Due Torri.
I vigneti di Le Due Torri si estendono su una superficie di 134 ettari, coltivati con varietà autoctone e internazionali. Il terreno, la Ponca un’alternanza di strati duri caratterizzati da sabbie cementate dal calcio (l’arenaria) e uno strato più tenero (la marna) formata da limo debolmente cementato, conferisce ai vini una mineralità e una freschezza uniche.
La filosofia di produzione di Le Due Torri si basa su tre principi fondamentali:
- Rispetto della tradizione: i vini dell’azienda esprimono la tradizione vitivinicola friulana, reinterpretata con un tocco unico e personale.
- Innovazione: Le Due Torri non ha paura di sperimentare nuove tecniche di vinificazione, purché siano finalizzate alla ricerca della qualità.
- Artigianalità: la produzione dei vini è interamente manuale, per garantire la massima cura e attenzione in ogni fase del processo.
Tra i vini prodotti da Le Due Torri, spicca lo Stargate, uno spumante Brut Nature prodotto con il metodo integrale, ovvero utilizzando il mosto della vendemmia successiva, per la rifermentazione in bottiglia.
Questa tecnica consente di raccogliere le uve a piena maturità tecnologica, evitando l’aggiunta di solfiti. L’utilizzo di particolari lieviti immobilizzanti permette di portare a termine la seconda fermentazione senza intorbidire il vino il quale può essere degustato come se fosse stato degorgiato.
Il vantaggio? Il vino continua ad evolvere fino a che non viene consumato.
Alla vista è paglierino di una tonalità più intensa del precedente; anche in questo caso nel mio bicchiere le bollicine faticano a impreziosire il liquido.
Al naso l’attacco è agrumato, un pompelmo rosa, seguito da note fruttate e floreali. Frutto nel pieno della sua maturità che sfocia in ricordi tropicali di mango e kiwi. Chiudono sbuffi di rosa tea.
In bocca ha una buona struttura dovuta sia all’utilizzo dei legni che alla presenza dei lieviti ancora nella bottiglia. La parte delle durezze è ovviamente governata dall’acidità che lascia il passo ad una saporita sapidità. Anche in questo caso la bollicina è moderata e forse una maggiore incisività avrebbe aumentato la piacevolezza di beva.
Veneto: Opificio del Pinot Nero – Buvoli, “Tre”, Extra Brut s.a., pds 36, Pinot nero 100%
L’azienda vinicola Opificio del Pinot Nero, situata a Gambugliano, in provincia di Vicenza, è da circa una quindicina d’anni una delle più prestigiose espressioni del Pinot Nero spumantizzato in Italia.
Il suo fondatore, Marco Buvoli, è un figlio d’arte: suo padre, Nevio Buvoli, è stato uno dei primi sommelier italiani. Marco ha ereditato la passione per il vino dal padre. Da quando è diventato produttore ha deciso di puntare sul Pinot Nero, vitigno che ha sempre prediletto.
La prima vendemmia dell’Opificio del Pinot Nero risale al 2001, quando Marco si divideva ancora tra la vigna e il lavoro di commerciale che gli ha permesso di girare molti luoghi e di visitare molteplici cantine. Nel tempo, però, ha gradualmente abbandonato il suo primo lavoro per dedicarsi a tempo pieno alla viticoltura.
I vigneti dell’Opificio del Pinot Nero si estendono su una superficie di 5,5 ettari, distribuiti nella zona collinare tra Vicenza e Padova. Le viti sono tutte cloni francesi, scelti personalmente da Marco, e sono coltivate secondo i principi dell’agricoltura biologica e biodinamica.
La vinificazione è improntata alla ricerca della qualità e della finezza. I Pinot Nero vengono vinificati in bianco o in rosso, ma la produzione principale dell’Opificio del Pinot Nero è rappresentata dagli spumanti Metodo Classico.
I vitigni vengono vinificati con cura e attenzione, e le bottiglie vengono lasciate affinare sui lieviti per molti anni, fino a raggiungere il massimo della maturità. Giova ricordare che la base spumante è sempre la stessa per tutta la gamma di prodotti. Quello che varia è il periodo di affinamento sui lieviti: da tre a dodici.
Abbiamo degustato Tre, l’ultimo arrivato nelle referenze dell’azienda.
Pur essendo dichiarato “blanc de noirs” in quanto del “Tre” esiste anche una versione rosé, versato nel bevante ci accoglie con un colore ramato di tonalità intensa. Fine il perlage che si libera nel calice.
Al naso si riconoscono i profumi del vitigno di provenienza ma in maniera evoluta. L’agrume ha i caratteri di un kumquat e di pompelmo rosa, il frutto di bosco, fragola in primis, è sotto spirito, carnoso. Sul finale una leggera nota balsamica di macchia mediterranea.
In bocca l’acidità d’entrata è in sintonia con quanto percepito al naso. La salivazione è gustosa con una delicata scia sapida finale. La bollicina è cremosa e vivace e aumenta la croccantezza del frutto.
DOCG Franciacorta: Fabio Peli, Dosaggio Zero 2018, pds 42, Chardonay 100%
L’azienda agricola Fabio Peli è una microscopica realtà situata nella zona collinare di Ome (BS), in località Goiane. Si tratta di un’azienda a conduzione familiare, fondata nel 2013 da Fabio, un giovane viticoltore .
I vigneti si estendono su una superficie di circa un ettaro, situata a 400 metri sul livello del mare. I filari di Chardonnay sono disposti in modo ordinato, e le viti sono ben curate su terreni particolarmente rocciosi, che conferiscono ai vini un’inconfondibile mineralità.
Ho avuto il piacere di conoscere Fabio durante il Festival in cantina, una manifestazione che si svolge ogni anno in Franciacorta. Ha avuto la pazienza di attendermi e mi ha accolto in vigna alla fine della giornata, dopo che avevo avuto modo di visitare altre aziende.
Fabio mi ha raccontato che le sue vigne sono coltivate riducendo al minimo i prodotti chimici. Banditi i diserbanti e fertilizzanti chimici.
Il vino che ho avuto modo di degustare e che Fabio ha voluto inviarci è il dosaggio zero prodotto con uve Chardonnay del millesimo 2018, quindi con ben 42 mesi di sosta sui lieviti esausti.
Alla vista l’effervescenza gioca con la tenue massa colorante regalandoci caleidoscopici giochi di colore, tutti su base paglierina.
Al naso la nota agrumata apre la strada. Un cedro non perfettamente maturo sorregge fiori di caprifoglio e biancospino. Poi arrivano pomacce e drupacee non perfettamente riconoscibili.
In bocca è una piacevole sorpresa. I territori di Ome lo rendono teso e lineare, senza tanti fronzoli. La salivazione è copiosa e saporita. La bollicina integrata nel vino che dona un vivace pizzicore. Finale sapido e di ottima persistenza.
Piemonte: Cascina Faletta 1881, “Marchesa Virginia”, Brut Rosè 2018, pds 48, Pinot nero 100%
Cascina Faletta è una realtà vitivinicola situata a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria. La sua storia affonda le radici nel passato. Dalla presenza di una targa si ritiene che sia stata edificata nel 1881, su una dolce collina che domina la città.
Sfogliando le pagine della storia dell’azienda si incontra la Marchesa Virginia Quartaro, una donna inghirlandata di fascino e mistero ritenuta la prima proprietaria della Cascina.
Oggi Cascina Faletta è un’azienda moderna, ma che non ha dimenticato le proprie origini. La produzione vinicola è affidata a Elena e Giovanni Rosso supportati dal figlio Lorenzo, che si impegnano a realizzare vini di alta qualità, nel rispetto della tradizione.
I vigneti, che si estendono per circa 10 ettari, sono situati su terreni argillosi e calcarei, che conferiscono ai vini una buona struttura e mineralità. Le viti sono allevate secondo i principi dell’agricoltura biologica.
Abbiamo degustato lo spumante dedicato alla Marchesa Virginia
Alla vista ricorda il primo campione con una saturazione maggiore. Vira su note di buccia di cipolla con una vivace vividezza che esalta i treni di piccole bollicine che si diramano da diversi punti del bevante.
Al naso è integro. Propone tutto il corredo di piccoli frutti rossi di bosco, fragoline, mirtilli, ribes tipici del vitigno. Le note floreali riportano sensazioni di rosa canina e glicine.
Il sorso è la parte più interessante. Agrumato e succoso, fa salivare copiosamente in ingresso. Struttura di medio corpo, piacevolmente equilibrato in convergenza fra le varie componenti dei due gruppi ed in contrapposizione fra le stesse. Lascia il palato pulito grazie ad un piacevole finale saporito.